Questo scritto è un tentativo di analizzare il saggio di Maurice Merleau-Ponty intitolato ‘L’occhio e lo Spirito’ e indirizzare alcune delle idee verso la comprensione della mia pittura.
La mia prima considerazione è che la mentalità scientifica corrente tende di oggettivare e ridurre l’esperienza del mondo in un processo di raccolta e analisi dei dati. Questa condizione genera un ‘operatività’ che separa il sé interiore dal mondo esterno creando una relazione netta tra i due ambiti.
Nel separare il sé interiore dal mondo esterno, il soggetto tenta di ignorare che i confini del corpo estendono nel mondo esterno e viceversa. In realtà, quando guardo la natura, vedo anche me stesso. Vedo le parti del mio corpo che sono attaccati ma appartengono visibilmente allo stesso mondo che osservo. Quando dipingo, io uso le mie mani, che sono visibile ai miei occhi nello stesso modo del paesaggio o rosa che sto dipingendo. Il mio corpo è parte della visione che osservo e il fattore della visione che sto creando.
Il mio corpo aiuta a trasformare il mondo ‘esterno’ in un dipinto essendo ‘dentro’ quel mondo. Non essendo separato.
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